Biennale d'Arte 2015

Venezia

 

Mi sono ridotta al penultimo week end ma ce l'ho fatta, sono andata a Venezia per la Biennale d'Arte 2015; invece che fare la solita sfiancante maratona Giardini + Arsenale ho deciso di godermela con un po' di relax e, soprattutto, visitare almeno una mostra collaterale ai principali spazi espositivi.

Sabato mattina ho visitato Palazzo Fortuny - certamente una delle più belle residenze storiche veneziane convertite a museo - all'interno del quale è stata organizzata PROPORTIO, curata da Axel Vervoordt e Daniela Ferretti.

Le proporzioni mi hanno sempre ossessionata fin da piccola, alle superiori ricordo di essere rimasta affascinata da un progetto di Le Corbusier interamente basato sulla sezione aurea e mai realizzato di cui non esistono disegni completi, la casa a tre corti, di cui realizzai un plastico assieme a dei compagni di classe del corso di progettazione architettonica. Forse anche per questo ho scelto fra tante mostre proprio PROPORTIO.

L'esposizione è stata molto stimolante, da una sala all'altra è stato un susseguirsi di differenti atmosfere e suggestioni.Al piano terra nella Sala Gondola cinque grandi padiglioni architettonici vuoti realizzati interamente in materiale organico, progettati da Axel Vervoordt, Tatsuro Miki e Jorgen Hempel, danno la possibilità di sperimentare sacre dimensioni e aspetti proporzionali al visitatore che li attraverserà. Proseguendo il percorso nel corridoio oltre la sala vi sono gigantografie di cattedrali medievali realizzate da Markus Brunetti, sculture di Renato Nicolodi, il rude blocco di alabastro lucidato Elogio de la luz XX di Eduardo Chillida, la Zikurat in acciaio inossidabile di Heinz Mack che ruota su se stessa e il video "Kairos" di Susan Kleinberg.

Tornando sui nostri passi, sempre al piano terra, c'è un'altra sala che ospita Space of Signs Selfie Studio una performance di Shuji Mukai che, lo ammetto, ha indotto anche me e la mia amica a farci una foto attraverso gli specchi disposti in sala (con la reflex però).

Da qui si sale lungo una scala stretta e si giunge al mezzanino, uno degli spazi che mi ha affascinato di più devo dire, dove sono collocate Grill, una scultura di Antony Gormley che sembra esprimere una costruzione e proporzione geometrico-architettonica insita nel corpo umano e Cosmo il dipinto di Anselm Kiefer.

Salendo ancora qualche gradino, oltre il mezzanino, si arriva al piano nobile dove passo dopo passo sono rimasta a bocca aperta per la varietà di modelli architettonici di Le Corbusier, Erwin Heinrich, Richard Meyer e altri che mostrano il rapporto con le proporzioni al variare dello stile e dell'epoca a cui appartengono. E poi volumi antichi di trattati scritti da maestri del calibro di Vitruvio, Dürer, Palladio, Serlio e altri. E ancora, maschere, tessuti e disegni come Portrait de femme à la veste di Amedeo Modigliani; dipinti come i Capricci di Niccolò e Viviano Codazzi che grazie al fedele realismo appaiono in un primo momento credibili dal punto di vista architettonico, la coppia compositiva Erebus et Terreur di Victor Vasarely in cui gli acrilici bianco e nero dominano il pannello, Red, Yellow, Blue III di Ellsworth Kelly che con le sue proporzioni sublimi tra i colori primari è l'icona della mostra.

Ogni superficie è sfruttata e sollevando lo sguardo, dal soffitto, pende il microcosmo senza titolo di Tomás Saraceno; in fondo, Raio di Michaël Borremans.

Collateralmente alla Sala Fortuny ruotano altre quattro stanze che ospitano il video "Night Time" di Hans Op de Beek; la scansione dell'organizzazione spaziale secondo Fred Sandback è palpabile nell'opera Untilted (Sculptural study, sixteen-part vertical construction) dove 16 fili rossi sono disposti, secondo un principio euclideo, progressivamente a una distanza di 1, 3, 9, 27, creando ai miei occhi un'opera oltre l'opera che porta alla moltiplicazione dei fili nella mente di chi guarda generando infiniti rapporti spaziali; le Gathering Clouds, forme concave che appaiono bidimensionali, di Anish Kapoor dialogano con il Cubo di Alberto Giacometti; infine le proporzioni del corpo umano sono trattate nella stanza dove le Cariatidi, composte da 2089 fogli A4 con stampe colore e chiodi di Marta Dell’Angelo rivestono la parete mentre a terra giace Romeu di Berlinde De Bruyckere e il video "Thais" di Henri Foucault scorre mostrando un crescendo di tensione muscolare che non giunge mai a rottura e nella "Golden Mask" di Marina Marina Abramović, dallo sguardo emerge l'anima della donna che immobile fissa lo spettatore mentre le foglie d'oro si muovono. Altra stanza per Hare Apprent di Izhar Patkin che gioca con le trasparenze del tessuto, le sfumature dell'inchiostro e sul punto di vista da cui si osserva l'opera.

Un turbine di idee e pensieri innescati dalle proporzioni mi travolge ma c'è un'altra scala da salire e si giunge al secondo piano dove il primo sguardo si posa su un monumentale Paride in gesso di Antonio Canova che riesce sempre a lasciarmi senza parole, pur avendo visitato la gipsoteca Canoviana di Vicenza. La visita prosegue con le opere di Ad Ryman, Agnes Martin, Kees Goudzwaard, Ann Veronica Janssens e Norio Imai, disegni di Massimo Bartolini, una scultura di Lucia Bru, un disegno murale di Sol Lewitt.

Nelle sale adiacenti opere come Linee sospese di Francesco Candeloro e Numbers one through zero di Robert Indiana; L'installazione sonora “Ten thousand stars” di Marina Abramović trasporta il pubblico attraverso un viaggio asonico nell’universo e invita a riflettere: "c’è uno scopo più alto dietro l’ordine delle cose e le proporzioni che regolano l’universo? In che modo gli esseri umani si collocano all’interno di questo ordine?".

 

Sabato pomeriggio tappa obbligatoria al Peggy Guggenheim Museum che ospitava: Jackson Pollock Murale. Energia resa visibile una mostra che pone Murale, l'opera più grande dell'artista, al centro di una riflessione che lo mette in relazione con altre sue opere quali Donna luna del 1942, Alchimia del 1947; e con Promenade, realizzato in risposta al Murale nel 1950 da Lee Krasner, e la tela Elegia per la Repubblica Spagnola n.126 dipinta tra il 1965 e il 1975 da Robert Motherwell. Tutto questo è preceduto da una serie di fotografie d'azione d'artista che hanno probabilmente influito sull'opera di Pollock, che ricerca nel sue tele azione, emozione e movimento.

Purtroppo all'interno di questa mostra non era consentito scattare fotografie, quindi me la sono goduta appieno e vi rimando al sito del Guggenheim per eventuali approfondimenti.

Nell'edificio di fronte V.S. GAITONDE. Pittura come processo, pittura come vita è una personale su un artista indiano che non conoscevo ancora e mi ha colpito molto per le sensazioni e le atmosfere che creano nella mente i suoi disegni e dipinti.

Domenica è stata dedicata a una visita ai Giardini della Biennale.

Il padiglione della spagna è stato molto interessante; lo ammetto ci entro sempre perché è il primo vicino all'ingresso e quando lo vedo penso sempre: "ok, con ordine cominciamo dal primo poi li vedremo tutti" (ovviamente in una giornata è impossibile ma quando visito un museo o una mostra mi piace pensare di poter vedere e fare tutto, incurante del tempo). Ad ogni modo, al suo interno il padiglione ospita Los Sujetos a cura di Martí Manen con la partecipazione di Cabello/Carceller, Francesc Ruiz e Pepo Salazar + Salvador Dalí, che affrontano il tema della performatività di diversi soggetti partendo dal rapporto di Dalì coi media.

Il padiglione del Belgio ospitava Personne et les autres una collettiva a cura di , tra le varie opere mi ha colpito particolarmente l'installazione di James Beckett Negative space: a scenario generator for clandestine building in Africa, una metafora dell'attuale processo costruttivo attuato dalle potenze mondiali in Africa: braccia meccaniche attuano un movimento continuo che porta elementi architettonici dagli scaffali al piano.

Sono rimasta molto colpita dal padiglione della Romania dove ho ammirato Darwing's Room, la rilettura irrazionale della storia di Adrian Ghenie a cura di Mihai Pop. Si tratta di una selezione di opere pittoriche recenti suddivise in tre sottotemi. Il primo è la Tempesta che viene espressa al massimo in Darwin and the Satyr del 2014 e Black Flag del 2015; il secondo sono le Dissonanze della Storia, qui in particolare mi ha ipnotizzato Persian Miniature del 2013 che a differenza del nome è una grande tela quadrata (3 x 3 m); la terza tematica è una Galleria di Ritratti.

 

Così si conclude il mio viaggio, sono state due magnifiche giornate anche se il tempo non era dei migliori. Venezia è uno di quei luoghi che ha il misterioso potere di rilassarmi e svuotare la mia mente dai problemi e dalle preoccupazioni, la considero terapeutica, oltre che ricca di stimoli, suggestioni, riflessioni, persone, voci, colori, pensieri e idee.