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Le opere d'arte in una Bologna da riscoprire

Bologna

 

Un secondo articolo dedicato alle bellezze della mia città Natale (dopo quello dedicato alle torri che trovate qui). L'idea mi è venuta dopo aver visitato le Collezioni Comunali d'Arte assieme ad un caro amico appassionato di fotografia.

Questa volta vi invito alla riscoperta delle opere d'arte che si celano tra le chiese ed i palazzi storici della città, attraverso una mappa che vi mostra la collocazione di tutte le sculture e i dipinti più importanti.

Avverto i lettori che questa volta non vi basterà mezza giornata a passeggio per il centro per vedere tutte le opere, di seguito alcuni percorsi suggeriti completi di cenni storici.

Passeggiata 1: centro pt. 1

Partenza da Piazza VIII Agosto dove è possibile ammirare il Monumento ai Caduti di VIII Agosto 1848 (a seguito della cacciata austriaca da Bologna di quell'anno) collocato all'entrata del parco della Montagnola è noto anche come il Popolano; la scultura bronzea, opera di Pasquale Rizzoli fu realizzata nel 1903. Da qui voltate le spalle alla statua, andate a destra su via Irnerio fino all'incrocio principale dove girerete a sinistra su via dell'Indipendenza.

Proseguendo su questa strada alla vostra sinistra troverete il Monumento a Giuseppe Garibaldi di Arnaldo Zocchi realizzato nel 1900 e collocato qui, di fronte all'Arena del Sole, dove precedentemente si trovava la statua dedicata ad Ugo Bassi (che vedrete più avanti).

Superato il monumento girate a sinistra poi alla seconda a destra. Per raggiungere la prossima opera ho previsto un passaggio in una tra le vie con gli scorci più suggestivi di Bologna: Via Piella ove, sul lato destro attraverso la Finestrella di Via Piella, sul lato sinistro sporgendovi dal ponte, potrete vedere la Piccola Venezia di Bologna (il canale delle Moline).

Dopo aver ammirato una piccola testimonianza di quelle che erano le vie d'acqua di Bologna, oramai tutte interrate, proseguite fino al termine di Via Piella e girate a sinistra in Via Marsala vi imbatterete nella Basilica di San Martino che riconoscerete grazie al mosaico in stile bizantino posto sopra al portale principale. Al suo interno, nella prima cappella della navata sinistra, gli unici due grandi frammenti dell'Adorazione del Bambino di Paolo Uccello dall'incerta datazione 1431 o 1437 che era stata originariamente dipinta nella sagrestia e da cui venne strappata brutalmente.

Camminate lungo Via Marsala fino al suo termine attraversate la strada e girate a destra sotto il portico di Via Zamboni, alla vostra sinistra di lì a poco l'entrata alla Chiesa di San Giacomo Maggiore, all'interno della quale nella Cappella Bentivoglio è possibile ammirare la Pala Bentivoglio dipinta da Lorenzo Costa nel 1488 che raffigura la Madonna in trono con la famiglia di Giovanni II Bentivoglio.

Uscendo dalla chiesa andate a destra sempre su Via Zamboni fino ad arrivare in Piazza Verdi, qui girate a destra in Via Giuseppe Petroni e percorretela tutta; quando incrocerete Via San Vitale proseguite ancora dritto e attraversate la stretta e lunga Piazza Aldrovandi (citata anche in una poesia di Umberto Saba). All'incrocio con Strada Maggiore girate a sinistra e vedrete la Chiesa di Santa Maria dei Servi sotto il cui portico nel periodo natalizio si tiene il famoso Mercato di Santa Lucia.

Entrate nella Chiesa per ammirare la Maestà di Santa Maria dei Servi opera di Cimabue del 1280-1285.

Uscendo dalla chiesa tornate verso la piazza ma girate alla terza a sinistra in Via Borgonuovo di qui in fondo a destra su Via Santo Stefano; al bivio sinistra in Via Farini e alla quarta a sinistra in Piazza de' Calderini che diventa Via Rolando. Eccoci arrivati in Piazza San Domenico, dove potrete ammirare la Basilica di San Domenico al cui interno tra le molte opere spiccano in zona absidale il Crocifisso di Giunta Pisano del 1250-1254 e l'Angelo reggicandelabro, il San Procolo e San Petronio di Michelangelo 1494-1495; nella Cappella Isolani il Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria di Filippino Lippi realizzato nel 1501; nella zona absidale le Tarsie del coro di San Domenico di manifattura di frate Damiano Zambelli da Bergamo tra il 1528 e il 1530 citate da Giorgio Vasari nelle "Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettura (IV, 94)" e definite dall'imperatore Carlo V l'«ottava meraviglia del mondo».

Dopo questa lunga visita il tocco finale, l'opera a mio avviso più suggestiva della città. Per raggiungerla tornate indietro a ritroso per Via Rolandino, Piazza de' Calderini poi ancora dritto costeggiate Piazza Minghetti fino ad entrare in Via de' Toschi. percorretela tutta poi sinistra in via Clavature. In corrispondenza dell'Incrocio con Via de' Musei vedrete sulla vostra destra il Santuario di Santa Maria della Vita, entrate e dirigetevi in fondo, alla destra dell'altare c'è una sala che ospita il Compianto sul Cristo Morto, un complesso in terracotta a grandezza naturale realizzato da Niccolò dell'Arca tra il 1463 e il 1490 circa. Oltre a questa opera potrete proseguire la visita nell'oratorio che si trova nell'edificio adiacente e collegato al santuario e al cui interno vengono spesso ospitate mostre molto interessanti in una cornice interamente affrescata. Sempre nell'oratorio dove troverete anche un secondo complesso in terracotta di diverso autore e pregevole fattura.

 

Passeggiata 2: centro pt. 2

Partenza da Piazza del Nettuno dove la Fontana del Nettuno spicca con i suoi 3,20 metri in tutta la sua bellezza. Soprannominata al Żigànt in dialetto bolognese è l'opera scultorea disegnata dal pittore Tommaso Laureti e realizzata dall'artista fiammingo Jean De Boulogne (il Giambologna) tra il 1563 e il 1566. Marmo e bronzo si incontrano per celebrare il potere papale in un paragone tra il Dio del mare con ai propri piedi quattro putti che simboleggiano Danubio, Gange, Nilo e Rio delle Amazzoni (i corsi d'acqua più grandi dei continenti conosciuti all'epoca) e il Papa che dominava il mondo. Curiosità divertente: a seguito del divieto di fare i genitali della statua troppo grandi si dice che il Giambologna abbia deciso di posizionare la mano sinistra del Nettuno in modo che da una particolare angolazione il pollice sembri spuntare dal basso ventre. Altra leggenda narra che poti fortuna girare due volte in senso antiorario attorno alla fontana come fece il Giambologna la prima volta che ruotò attorno al piedistallo prima di realizzare l'opera e dare inizio alla sua fortuna.

Dopo la fontana entrate a Palazzo d'Accursio dove le splendide collezioni comunali vi sorprenderanno come un gioiello nascosto, fra le tante opere che troverete all'interno spiccano certamente l'intero apparato decorativo di Sala Farnese, l'Apoliino di Antonio Canova realizzato nel 1797 e custodito all'interno della splendida Sala Boschereccia - affrescata dalle mani di Vincenzo Martinelli e Vincenzo Valiamo, è il giardino invernale del palazzo che si distingue da tanti altri per la peculiarità di trovarsi al secondo piano e non al piano terra ma comunque attiguo al giardino esterno visibile dalle finestre con cui solitamente si cercava di mantenere un rapporto di continuità - gli Automi dell'orologio di Palazzo d'Accursio del 1451, la Statua del cane Tago realizzata nel 1777 da Luigi Acquisti, il Ritratto di Gonfaloniere di Artemisia Gentileschi datato 1622. Al termine della visita uscite dal Palazzo attraversando la corte interna con il pozzo e imboccate via Giacomo Veneziani per dirigervi in via Ugo Bassi, qui girate a destra e soffermatevi ad osservare la Fontana Vecchia realizzata da Tommaso Laureti nel 1565. Proseguite poi fino al grande incrocio con via dell'Indipendenza e girate a sinistra stando sotto il portico sul lato destro della strada fin quando non giungerete alla Cattedrale di San Pietro che ospita la Crocifissione di San Pietro di Bologna, un gruppo scultoreo policromo i legno di cedro realizzato tra il 1170 e il 1180 da anonimo artista.

Uscite dalla cattedrale e tornate indietro fino all'incrocio con via Montegrappa, imboccatela e percorretela fino in fondo dove, in angolo, si trova la Chiesa dei Santi Gregorio e Sisto, al cui interno, nella Cappella Canobbi è custodito il Battesimo di Cristo realizzato nel 1585 da Annibale Carracci.

Una volta fuori prendete la strada alla vostra destra,  via Nazario Sauro e percorreva fino all'incrocio con via Ugo Bassi, qui troverete l'omonimo monumento a Ugo Bassi che precedentemente si trovava di Fronte all'Arena del Sole.

L'ultima tappa di questa passeggiata la raggiungerete percorrendo tuta via Ugo Bassi e via San Felice per arrivare alla Crocifissione e santi dipinta da Annibale Carracci nel 1583. L'opera, inizialmente esposta nella cappella Macchiavelli della chiesa di San Nicolò di San Felice a Bologna, fu depositata presso la Soprintendenza di Bologna quando l'edificio andò distrutto nei bombardamenti della seconda guerra mondiale poi definitivamente destinata alla chiesa di Santa Maria della Carità.

 

Passeggiata 3: fuori porta

Partenza dal Cimitero Monumentale della Certosa al cui interno tra le molte opere scultore risaltano la Statua di Gioacchino Murat che Vincenzo Vela ha realizzato nel 1864, il Monumento di Raffaele Bisteghim opera di Enrico Barberi del 1891 e il Monumento Ossario dei Caduti Partigiani di Piero Bottoni realizzato nel 1959.

Terminata la visita al cimitero dirigetevi all'Arco del Meloncello con spirito sportivo e iniziate a salire lungo il portico. Al centosettantesimo arco troverete la Madonna Grassa di Andrea Ferreri datata 1706.

Al termine del portico il meraviglioso Santuario della Madonna di San Luca. Godetevi il panorama, l'ideale è arrivare su al tramonto.

 

Come certamente avrete notato ho escluso dai percorsi una importante opera, non per dimenticanza ma per via della sua collocazione: l'Estasi di Santa Cecilia fra i Santi Paolo, Giovanni Evangelista, Agostino e Maria Maddalena di Raffaello che potete osservare all'interno della Pinacoteca Nazionale di Bologna.

La Pinacoteca merita certamente una visita approfondita sia alla collezione permanente, che racconta l'arte dal '200 al '700, sia alle sue mostre temporanee.

Monastero benedettino di San Procolo a Bologna

Bologna

 

Oggi, in occasione delle Giornate FAI di Primavera, mi sono dedicata una giornata da turista nella mia città per scoprire l'ex Monastero di San Procolo. Siamo in via d'Azeglio 56 dove, come spesso accade nei centri storici, dietro a un semplice portone si celano cortili e altre meraviglie ma procediamo con ordine.

 

La facciata si deve ad Antonio Morandi detto il Terribilia. Nonostante sia stata costruita in pieno Seicento, è ancora di gusto Cinquecentesco: l'intonaco del rosso tipico bolognese, le cornici marcapiano in pietra arenaria, le finestre classicheggianti. I due portali sono entrambi decorati da un bugnato in stile tibaldesco, quello più vicino al sagrato della Chiesa sopra reca l'unica testimonianza rimasta a Bologna della Repubblica Cisalpina: uno scudo ovale con una figura femminile con lancia, fascio littorio e berretto frigio.

 

Il complesso, originariamente organizzato attorno ad un unico chiostro, a partire dalla metà del XVI secolo si espande articolandosi attorno a tre: il Chiostro del Refettorio realizzato su disegno di Antonio Morandi (1547-49), il Chiostro del Capitolo o del Priore di Domenico Tibaldi (1577-86) e il Chiostro della Sagrestia disegnato da Giulio dalla Torre (1613-28), ha subito leggere modifiche nel Settecento per mano dell'architetto Luigi Casoli. Rimanendo all'esterno anche il porticato che fronteggiava orti è un progetto di Dalla Torre.

 

Sono poche le testimonianze rimaste dell'originariamente ricco apparato decorativo. Sopra le porte del Chiostro del Refettorio sono ancora presenti sei decorazioni monocrome. Ai lati della porta di ingresso al Refettorio due lavamani in marmo mischio disegnati da Francesco Morandi. Varcata la soglia è possibile contemplare, all'interno di una monumentale cornice scolpita in arenaria e arricchita dalle figure a monocromo dei santi Procoli, la Pesca Miracolosa affrescata da Lionello Spada nel 1607.

Nella Sala dell'Abate la mano di Alessandro Tiarini ha dipinto nel 1639 Il Martirio di San Procolo sulla volta e nel 1641 La Calunnia sopra il camino.

In un braccio del dormitorio in epoca settecentesca Petrolio Fancelli e Pietro Fabri (altra attribuzione sostiene Gaetano Gandolfi) hanno affrescato una prospettiva dove si trovava un grande orologio circondato dalle figure di San Procolo, del Tempo e vari putti.

 

 

La struttura ha avuto nel corso della sua storia gli impieghi più disparati. Storicamente le prime notizie dell'edificio si hanno attorno al XI secolo quando era considerato un importante centro di studi facente parte della nascente Università di Bologna, si dice che al suo interno abbiano tenuto cattedra personaggi illustri quali Irnerio, autore di studi sul diritto romano giustinianeo e Graziano, fondatore del diritto canonico. Il monastero è anche luogo di sepoltura di alcuni importanti maestri del diritto nonché allievi di Irnerio: Martino e Bulgaro.

Sede monastica fio al 1796 quando le truppe francesi entrarono in città e ne fecero una caserma fino al 1798 quando gli amministratori dell'Ospedale degli Esposti (conosciuto anche come "dei Bastardini") ne ottennero l'utilizzo per la loro benefica istituzione con conseguenti importanti modifiche dei suoi spazi da destinare a nuove esigenze d'uso.

Quasi 150 anni dopo, nel 1939 la gestione passò alla Provincia che creò l'Istituto provinciale per l'Infanzia e la Maternità ed è qui che sono nate intere generazioni di bolognesi fino al 1998.

Dismessa dopo oltre due secoli la funzione assistenziale e sanitaria l'edificio è ora in fase di restauro, per questo nelle fotografie sono visibili parti di impalcature oppure sono state scattate da angolazioni molto laterali, e parte dei suoi locali accoglieranno il TAR dell'Emilia Romagna.

 

Per la prima volta ho visitato un luogo FAI durante le Giornate di Primavera non come guida ma come spettatrice, le ragazze del liceo che ci hanno portato alla scoperta di questo palazzo erano preparate ed entusiaste di raccontarci questo luogo; è stato un po' come rivedere la me stessa 10 anni fa. Consiglio a tutti di partecipare almeno una volta a questo tipo di esperienza e di seguire le iniziative FAI attraverso il loro sito.

 

Fonti:

  • I bastardini. Patrimonio e memoria di un ospedale bolognese, 1990, Edizioni A.G.E., Bologna;
  • Umberto Beseghi, Introduzione alle chiese di Bologna, 4 ed., 1964, Tamari Editori, Bologna;
  • Luigi Bortolotti, Bologna dentro le mura. Nella storia e nell'arte, 1977, La grafica emiliana, Bologna;
  • Marcello Fini, Bologna sacra. Tutte le chiese in due millenni di storia,  2007, Pendragon, Bologna;
  • Paola Foschi, Domenico Cerami, Renzo Zagnoni, Paola foschi (a cura di), Monasteri benedettini nella diocesi di Bologna (secoli VII-XV), 2017, Bonomia University Press, Bologna, pp. 192-195;
  • bibliotecasalaborsa.it
  • collezioni.genusbononiae.it

Il gioiello e il viaggio: PERDERSI PER RITROVARSI

Reggio Emilia

 

Come anticipato, anche quest'anno ho partecipato al "NEXT JENERATION – Jewellery Talent Contest" l'edizione 2016 ha avuto come tema il gioiello e il viaggio nel suo senso più ampio. Il viaggio inteso non solo in ambito geografico ma anche spirituale.

 

Per l'occasione ho sviluppato un progetto che era nato per gioco all'inizio della mia esperienza a Milano: un anello tipo Signet che riporta, al posto delle iniziali di chi lo indossa, la raffigurazione di un labirinto che finisce dove inizia.

 

Concept

Il viaggio inteso come metafora di vita; prima che fsico è dentro di noi, nel labirinto del nostro io, possiamo sbagliare strada, lungo il cammino della nostra vita possiamo perderci l'importante è ritrovare noi stessi.

Nulla è lasciato al caso. Il cerchio centrale rappresenta l'io, il singolo, ognuno di noi. Il labirinto rappresenta il percorso, a volte contorto, della vita. Non mancano gli errori che abbiamo commesso: la strada cieca. Il percorso inizia e fnisce al centro, perchè dopo ogni fase della vita dobbiamo sempre riconciliarci con noi stessi. Bisogna “perdersi per ritrovarsi”.

 

Materiali e composizione

L'anello è realizzato in argento, con la tecnica della fusione a cera persa.

 

Di seguito le tavole presentate al concorso:

Addio a Zaha Hadid

Socia del primo studio di architettura a 27 anni (1977). A 30 apre il suo (1980). Prima donna e prima SIKH a vincere il Premio Pritzker di Architettura (2004), 69ª tra le 100 donne più potenti del mondo secondo Forbes (2008), nominata come un pensatore influente dal TIME (2009), 42ª tra le "50 figure più influenti al mondo del 2010" secondo il New Statesman (2010), vincitrice del Premio Stirling con il MAXXI di Roma (2010) e con la Evelyn Grace Academy di Brixton (2011), inoltre citata tra le "50 meglio vestite oltre 50 anni" da The Guardian (2013). Lavoro, impegno e classe l'hanno contraddistinta come architetto e designer.

Ha progettato scenografie, allestimenti, edifici, vasi, posate, lampade, tavoli, sedute, scarpe molto altro.

Tutto sempre con il suo inconfondibile stile.

Ricordo ancora la personale a lei dedicata a Padova nel 2009, avevo diciotto anni, studiavo architettura e arredo all'Istituto d'arte della mia città natale e la professoressa del corso di storia dell'arte ci portò a visitarla al Palazzo della Ragione in occasione della IV Biennale internazionale di Architettura Barbara Cappochin. Una distesa di blocchi espositivi di diverse altezze e forme che generavano una sensazione di fluidità e continuità. Per ogni blocco un progetto, sembravano non finire mai. 

Rimasi incantata da tutto quel lavoro e per un attimo chiusi gli occhi e immaginai come avrebbe potuto essere una personale sul mio lavoro 50 anni dopo.

Di seguito troverete alcune fotografie della mostra del 2009, purtroppo in bassa qualità poiché scattate col mio Blackberry Storm (all'epoca purtroppo non avevo ancora una reflex).

Un pomeriggio cercavo una citazione divertente legata all'architettura per una dedica da scrivere in un libro da regalare, ricordo di aver letto moltissime frasi ma fra tutte questa mi colpì particolarmente e me la appuntai sulla copertina di quaderno di appunti di progettazione architettonica:

 

« L’architettura è davvero benessere. Penso che la gente voglia sentirsi bene in uno spazio.

Da un lato si tratta di un riparo, dall’altro si tratta anche di un piacere. »

 

Mi fece pensare all'architettura come a un abbraccio, a qualcosa di personale anche nel caso di un edificio pubblico, all'idea di sentirsi  casa anche altrove, ai rapporti tra le persone. Architettura come una relazione tra due persone.

Mi piaceva l'immagine creata da quelle poche e semplici parole. Mi piace ancora oggi.

Ed è così che voglio ricordare la Hadid.

 

Il gioiello e il viaggio

Bologna

 

Anche quest'anno ho deciso di partecipare. Oggi era l'ultimo giorno per inviare il materiale per partecipare a "NEXT JENERATION – Jewellery Talent Contest 2016 Il Gioiello e il Viaggio".

 

Ho preparato le tavole, la relazione di presentazione e tutti i documenti e li ho inviati.

 

Come l'anno scorso il progetto dovrà rimanere inedito fino alla scelta del vincitore, per questo motivo non posso ancora condividere disegni, foto o bozze, posso solo incrociare le dita e chiedervi di fare altrettanto.

 

Seguiranno aggiornamenti.

Lutto in Blu

Murales di Blu all'ex-mercato ortofrutticolo di Via Aristotele Fioravanti 24 a Bologna prima della sua cancellazione
Fotografia scattata il 31/01/2015

Sta sera, dopo tre giorni passati a letto malata con scarsissimi contatti col mondo esterno, ho dovuto affrontare una cena di famiglia. Si sa, in queste occasioni ogni tanto ci si annoia e capita di aprire Facebook in cerca di svago.

Nella mia home compare uno strano post di un caro amico che parla di Blu, il writer bolognese di fama internazionale. Non capendo bene gli scrivo per sapere cosa è successo esattamente. Mi linka un articolo di Repubblica, lo apro e leggo Bologna, Blu cancella tutti i suoi murales: "No alla street art privatizzata", sapendo che Blu non rilascia interviste vado alla fonte: il collettivo Wu Ming dove trovo un altro articolo Street Artist #Blu Is Erasing All The Murals He Painted in #Bologna. Non sono riuscita a trattenere un'esclamazione colorita, mi chiedono cosa ho letto ed io interrompo le chiacchiere familiari per condividere la notizia. 

Mio nipote, un ragazzino di 10 anni e mezzo mi chiede gran voce chiede: «Perchè hai detto così? Non ho capito cosa è successo! Puoi ripetere?» Ho letto ad alta voce l'articolo, in particolare per lui. Mi ha interrotto solo per farsi spiegare le parole che non capiva e alla fine mi ha detto: "I muri della città non sono loro e l'arte è di tutti! Perchè la rubano?"

Le poche e semplici parole di un bambino dovrebbero invitarci tutti a riflettere su questo tema.

 

L'ipocrisia non ha limiti in questa città che addita i writers come vandali e contemporaneamente si fregia del titolo di Culla della Street Art. La Street Art è di tutti noi che camminiamo per le strade delle nostre città e le opere che vi troviamo non possono essere strappate via dai muri con la motivazione di «salvarle dalla demolizione e preservarle dall’ingiuria del tempo». Queste sono solo scuse!

 

Ha ragione il collettivo Wu Ming: «Non importa se le opere staccate a Bologna sono due o cinquanta; se i muri che le ospitavano erano nascosti dentro fabbriche in demolizione oppure in bella vista nella periferia Nord. Non importa nemmeno indagare il grottesco paradosso rappresentato dall’arte di strada dentro un museo. La mostra Street Art. Banksy & Co. è il simbolo di una concezione della città che va combattuta, basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi. Tutto questo meritava una risposta.»

 

E così Blu ha cancellato i pezzi dipinti a Bologna nel corso di quasi vent’anni per evitarne la strumentalizzazione.

 

E così oggi sono triste perché per l'egoismo e l'arroganza di pochi abbiamo perso opere magnifiche come quella in foto che appare già danneggiata dalle scritte politiche apparse il 16 dicembre 2014. Ma come ha detto il mio caro amico, sono disposta a sopportare la perdita di queste bellezze per far sì che esista un dibattito culturale «[...] Perché è il primo passo per riconoscere istituzionalmente il valore dell'arte di strada.» Eh già, perchè mentre mio nipote di 10 anni ha capito che la Street Art è arte a tutti gli effetti ed ha un grande valore, mio padre che di anni ne ha 62 fatica a capire il mio punto di vista (e con fatica intendo dire che abbiamo animosamente discusso sul tema senza trovare un vero punto d'incontro); e mi piace pensare che non debbano morire le vecchie generazioni perchè questo concetto sia condiviso da tutti ma che anche persone più anziane possano capire il significato che hanno quei graffiti sui muri delle Nostre città che oggi guardano con tanto scetticismo.

 

Sono disposta a sopportare tale perdita, ma mi sento comunque in lutto.

Il nuovo vocabolario della moda italiana

Triennale di Milano, Milano

 

L'abbecedario della moda italiana dal 1988 ad oggi, dedicato a Elio Fiorucci, in uno splendido allestimento suddiviso in tre macro sezioni: il vocabolario che rappresenta attraverso concetti chiave i diversi approcci progettuali che ricontestualizzano gli elementi archetipici del prodotto italiano; le narrazioni attraverso fotografia, illustrazione, nuovi media, editoria, video-arte; le biografie che raccontano le storie dei singoli stilisti e marchi a cui si deve il nuovo linguaggio della moda made in Italy.